L’Impero Partico

 Con l’annessione dei territori dei Seleucidi all’Impero Romano nel 64 a.C. sembrava finita la presenza ellenica nei territori dell’antica Persia, e invece già nel 253 a.C. una nuova dinastia, quella Arsacide , regnava sulle stesse terre portandosi dietro tutte le influenze ereditate dai Greci e dai Seleucidi che fino ad allora la aveva controllata. Un’affascinante commistione di culture, quella iranica e quella ellenica , che coesisterà comunque per tutto il regno dei Parti, grazie alla lungimiranza dei suoi sovrani.
Ciò era curiosamente evidente, ad esempio, nello stesso atteggiamento dei suoi re e nell’immagine che davano di sé, un’immagine mista che traeva elementi di spunto sia dall’antica idea iranica del re che va al potere per volere divino, sia dalla tipica natura dei reggitori ellenici che si presentavano ai propri sudditi come uomini dotati di qualità divine.
L’inquietudine e le potenzialità dei Parti furono immediatamente evidenti, in primo luogo ai Seleucidi, che con queste genti (discendenti da un’antica tribù nomade, i Parni , che si stabilirono a sud-est del Mar Caspio, la zona nord-orientale dell’ attuale Iran) dovettero fare da sempre i conti, a causa della loro inclinazione centrifuga. La Partia in effetti (come venne poi chiamata la provincia in questione) fu, assieme alla Battriana , tra le satrapie che diedero maggiore filo da torcere al governo centrale seleucida, cominciando a creare un proprio regno a partire dal 235 a.C. con il suo re Arsace I , finché, sconfitto Antioco III il Grande , i Parti, guidati da Mitridate I, estesero il loro controllo alla stessa provincia della Battriana , e di lì a poco anche a Media , Mesopotamia ed Elam .
Già nel 138 a.C. , insomma, i Parti vantavano un importante regno a Oriente, laddove cioè i Seleucidi avevano un po’ allentato controllo e presenza, preferendo il fronte a ovest dove, non a caso, era stata creata la nuova capitale del regno, Antiochia, in Siria.
Un potere sottovalutato, forse, che comunque diede del filo da torcere sì ai Seleucidi, ma anche agli stessi Romani che poi conquistarono le terre persiane: furono dunque i Parti, da piccoli abitanti di provincia ai confini dell’Impero Seleucide, a riesumare l’iranicità nella storia del posto.
Per secoli, Parti (o meglio, Arsacidi ) e Romani si fronteggiarono a viso aperto in Medio Oriente (da ricordare la spedizione di Marco Licinio Crasso nel 53 a.C. ), due grossi imperi confinanti che negoziarono il confine lungo il fiume Eufrate .
Secoli di battaglie possono essere spiegati con la diversità tra l’esercito dei Parti e quello dei Romani, entrambi molto efficienti ma con punti di forza differenti: in poche parole i primi erano bravi a cavallo, i secondi erano equipaggiati di un’ottima fanteria che ne proteggeva bene villaggi e accampamenti. Diverse competenze per un risultato finale di sostanziale pareggio fra le parti.
Alla fine della lunga contesa, furono i Parti a cedere il passo ai Romani a partire dalla questione relativa al controllo dell’Armenia : quando il regno armeno divenne vassallo di Roma, intorno alla metà del I secolo d.C. , il re parto Vologase I mise su quel trono uno dei suoi prìncipi, fatto ovviamente sgradito all’imperatore romano Nerone , che ordinò subito di invadere l’Armenia. L’Armenia restò a sua volta sotto il controllo romano fino al 110 , e cioè finché i Parti tornarono nuovamente alla carica della regione sotto l’imperativo di Vologase III .
Fu quello il passo nel burrone per i Parti, sconfitti in Armenia una volta per tutte dall’esercito di Traiano, che fece poi le cose in grande annettendo in poco tempo anche Assiria e Babilonia, assurte a nuove province romane.
La capitale dei Parti, Ctesifonte , cadde sotto i Romani ripetutamente, nel 110 appunto, e poi ancora nel 165 e nel 198: troppo debole era ormai il potere centrale del regno dei Parti che era rimasto intrappolato nelle maglie di un sistema feudale capace solo di attirarsi l’odio di molti vassalli.
I giochi di potere si srotolavano da sempre solo fra re e nobili proprietari terrieri che avevano il potere di nomina sul sovrano ma non ne controllavano del tutto le manovre politiche; un meccanismo élitario che indispettiva chiaramente il resto della popolazione, tagliato fuori dalla partita.
Fu proprio un vassallo persiano, Ardashir , nel 224 a rivoltarsi definitivamente contro i Parti e a porre le basi del Regno Sasanide.

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