La lingua ufficiale nella Repubblica Islamica dell’Iran è il farsi , ovvero il persiano , che propriamente è il dialetto parlato nella provincia di Fārs: il farsi deriva dall’antico iranico che, a sua volta, deriva direttamente dalla famiglia delle lingue indoeuropee, cui appartiene anche la lingua italiana. Non è assurdo, infatti, pescare nella lingua persiana parole che tradiscano una netta assonanza con l’italiano: la parola ” pedar “, ad esempio, che corrisponde all’italiano “padre”, o la parola ” madar ” che corrisponde esattamente a “madre”.
Il persiano appartiene alle lingue iraniche, che sono tutte di matrice indoeuropea e la sua evoluzione può essere suddivisa in tre fasi:
1. fase antica: antico persiano delle iscrizioni e avestico dell’Avesta
2. fase media: medio persiano, 300 a.C.-900 d.C., distinto in pahlavi partico o pahlavik, e pahlavi sasanide o parsik
3. fase recente: neopersiano o parsi: dal sec.IX ad oggi.
Sono arrivate a noi testimonianze dell’antico iranico già con il libro dell’Avesta , libro sacro degli zoroastriani. Solo in seguito alla dominazione araba e all’incontro con la cultura islamica il farsi ha assunto la grafia araba , affiancata alla normale grafia tuttora usata e sicuramente più agevole (se non altro nella lettura) per gli occidentali.
Accanto al farsi vengono parlate (a volte in maniera esclusiva) altre lingue, per lo più dialetti locali e/o importati, tra cui i principali sono il turco , pienamente compreso e gestito da Turkmeni e Āzāri, l’ azero , di origine turca, il curdo , l’ arabo e il l ū ri parlato dai Lur.
Diffuse sono anche le lingue g īlākiī (parlato nel Gīlān) e belūchī (parlato nel Sīstān va Belūchīstān).