I persiani , o Farsi , rappresentano circa la metà della popolazione iraniana e sono diretti discendenti delle tribù elamite e ariane che anticamente (nel II millennio a.C.) si stabilirono sull’altopiano centrale, dando il nome di Persia al Paese.
Gli Āzāri vivono per lo più nei villaggi delle province del confinante Azerbaijan, ma numerosi sono tuttora i cosiddetti Āzāri d’Iran (circa il 10% della popolazione) ad essere particolarmente legati ai Turchi per usi e costumi, ma non completamente per religione, essendo questi ultimi in maggioranza sunnita e i primi, invece, di fede sciita.
L’abbigliamento degli Āzāri ancora oggi ricalca la loro vicinanza alla Turchia piuttosto che ai Paesi Arabi. Ciò si riflette nell’uso della cravatta , ad esempio, che è un complemento d’abbigliamento molto diffuso tra gli uomini āzāri e considerato non prettamente “islamico” dalle autorità centrali d’Iran.
Tipicamente āzāro è, inoltre, il turbante di feltro con la tesa indossato dai più anziani.
Gli Āzāri in Iran oggi vedono riconosciuta ufficialmente dal governo iraniano la lingua āzarā , una lingua derivante dall’antico dialetto turco dell’Anatolia, un segno di legittimizzazione della diversità āzarā nonostante dopo la Rivoluzione Islamica del ’79 la frontiera tra la regione dell’Iran dove vivono in maggioranza gli Āzāri ( Tabriz ) e l’Azerbaijan sia stata chiusa ai flussi migratori in entrambe le direzioni.      
I curdi, a primo impatto, rivelano subito la loro diversità rispetto alle altre etnie di cui si compone la popolazione iraniana. Sunniti in maggioranza anziché sciiti, parlano dialetti curdi molto diversi dal farsi e sentono le influenze turche.
La maggioranza dei curdi si trova in Turchia appunto, ma un gruppo molto folto lo si trova anche in Iraq e Siria; in Iran la colonia curda è di circa 5 milioni di persone, tutte per lo più residenti nelle province del Kurdistān , del Kermānshāh e del Zanjān , e si suddivide in tribù, tra cui le più numerose sono quella Sanjābi e la Kalhor .   
Pur essendo molto numerosi i curdi che si dividono tra Turchia, Iran e Paesi limitrofi, essi non hanno mai avuto l’opportunità di costituirsi in una nazione autonoma e questo ha dato vita negli anni a svariate rivendicazione separatiste, spesso violente, anche in Iran.
Anche nei costumi i curdi rivelano la loro particolarità: molti uomini indossano ancora oggi le tradizionali tuniche con pantaloni larghi e una fusciacca in vita. Le donne, invece, si vestono di tuniche coloratissime e spesso e volentieri non indossano il tipico chador iraniano.
I Lur sono un antichissimo gruppo etnico prevalentemente nomade che oggi si è stanziato nella provincia a ovest del Paese, che da essi prende il nome, il Luristan . Antica, quindi, la loro presenza sul suolo iraniano, e pure prestigiosa dacché Karīm Khān Zand ha governato con equilibrio l’Impero Persiano per diversi anni nel XVIII secolo, eppure i luri non sono mai stati ben visti dal governo centrale per via di una certa “indisciplinatezza” che li caratterizza: già ai tempi della dinastia Pahlavī un cospicuo numero di dissidenti fu costretto all’esilio lontano dal Luristan, verso altre province iraniane.
I Lur hanno subìto più di altri l’influenza araba da occidente e di fatto parlano un dialetto arabo, l’ avesta , in alternativa alla propria lingua, il lūr ; le loro origini, tuttavia, sembrano risalire più a un antico incontro tra i Cassiti e i Medi.
I Lur sono particolarmente abili nell’equitazione, nell’allevamento delle pecore, nella lavorazione dei metalli e nella produzione di tappeti e stuoie.
Il punto di contatto maggiore tra Iran e Paesi Arabi è senza dubbio il Golfo Persico, che bagna tanto le coste della grande Arabia Saudita, del Qatar, degli Emirati Arabi Uniti, del Bahrain e del Kuwait, quanto quelle a sud-ovest dell’Iran: è qui che gli Arabi si sono mescolati alla popolazione persiana trovando una collocazione privilegiata soprattutto nella provincia del Khūzestān .
Oggi gli arabi in Iran (detti Bandāri , dalla parola persiana che sta a significare “porto”) rappresentano all’incirca il 2% degli iraniani, ma si distinguono da loro oltre che per il colore della pelle (che è più scura, a volte addirittura nera) anche per la confessione di fede sunnita anziché sciita.
Ancora una volta sono i costumi tradizionali a rimarcare la differenza di etnia: molti arabi che vivono nelle isole o nella provincia di Hormozgān indossano vesti diverse dal resto degli iraniani: tuniche bianche e senza maniche per gli uomini, completate da sandali ai piedi e talvolta da un turbante tipicamente arabo, abiti ampi e ricamati con colori vivaci indossati su ampi pantaloni per le donne, che usano anche legare ai piedi cavigliere e infradito o indossare maschere caratteristiche recanti un becco.
I capi di abbigliamento più diffusi tra gli arabi in Iran sono la tradizionale thobe (o dishdasha ) e il gutra , foulard lungo indossato dalle donne.
Gli arabi in Iran parlano soprattutto dialetti arabi.
Anche i Turkmeni, forse più degli Azari, portano in Iran una ventata proveniente direttamente dalla vicina Turchia: è al confine con il Paese della mezza luna che si trova la colonia turkmena, dislocata tra la provincia di Māzandarān e quella di Khorāsān .
Tutto dei Turmeni rivela la loro comunanza con i turchi: i tratti somatici, ad esempio, che fanno di loro un popolo particolarmente alto e dalla fisionomia chiaramente mongola e caucasica. L’abbigliamento degli uomini è caratterizzato da camicie bianche e giacche lunghe fino al ginocchio, color ciliegia normalmente, sopra a larghi pantaloni che si infilano dentro gli stivali, sul capo un tipico telpek in pelle di pecora (bianca o nera). Quello delle donne, invece, è caratterizzato da larghe casacche di seta colorata che arrivano fino alle caviglie e scialli a fantasia floreale indossati sopra a larghi pantaloni anch’essi colorati.
I Turkmeni parlano una lingua tutta loro che deriva da dialetti turchi e appartengono per lo più a sette islamiche sufi. 
Molti e significativi in Iran sono anche i gruppi nomadi in continuo spostamento da una regione all’altra del Paese, alla ricerca di pascoli per il bestiame.
Alcuni di essi col tempo si sono stabiliti in qualche provincia o specifico centro urbano; molti altri continuano tuttora il loro peregrinare, soprattutto a causa delle terre aride in cui vivono (per lo più a sud-est dell’Iran, nelle zone desertiche al confine col Pakistan) e che li costringe in qualche modo a spostarsi continuamente.
Tra i gruppi nomadi più noti, i Baluchi (la cui parola significa non a caso “vagabondi”) abitano le terre al confine col Pakistan e mantengono ancora oggi uno stile di vita seminomade, e poi i Qashqā , nomadi di origine turca che girano soprattutto nella provincia di Fārsi.
Difficile per il governo centrale convertire alla sedentarietà i numerosi e irriducibili gruppi nomadi che continuano, anche per stile di vita, a rimandare la scelta di un villaggio dove stabilirsi una volta per tutte.

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