Il presidente iraniano Hassan Rohani sarà in visita ufficiale in Italia nella seconda metà di gennaio. Questa l’indiscrezione raccolta a Teheran a margine della missione economica guidata dal viceministro Carlo Calenda e dalla vicepresidente di Confindustria, Licia Mattioli, con Ice, Abi e Sace. Rohani aveva deciso di rinviare la sua visita a Roma, prevista per il 14 novembre scorso, all’indomani degli attacchi terroristici dell’Isis a Parigi.
E proprio l’esito positivo della missione (a giudizio sia dei 380 imprenditori italiani partecipanti, sia delle controparti iraniane) potrebbe aver contribuito alla veloce «ricandelarizzazione» della visita del presidente dell’Iran. «Un bilancio senza dubbio positivo – commenta la Mattioli – abbiamo messo il piede per primi in questo Paese subito dopo l’accordo sul nucleare. Con la fine del regime delle sanzioni, che potrebbe avvenire già a gennaio, noi saremo già qui. E gli iraniani questo ce lo riconoscono».
Ma accanto alla volontà di dialogo, alle risorse, a una tassazione al 20% che diventa zero nelle free zone, l’Iran presenta ancora una serie di ostacoli: un’economia a prevalenza pubblica, con un ruolo predominante delle fondazioni religiose, e difficoltà nelle transazioni bancarie (le sanzioni hanno congelato il sistema Swift). Temi che sono stati approfonditi ieri in un seminario ad hoc a Teheran, e che sono già stati discussi in un vertice riservato fra Calenda, il vice presidente dell’Abi, Guido Rosa, e il presidente della Sace, Giovanni Castellaneta, già ambasciatore a Teheran e Washington, e il governatore della banca centrale iraniana, Valiollah Seif. La Sace, ha detto Calenda, per gennaio riuscirà a risolvere il problema dei crediti bloccati, circa 800 milioni, e avrà 5 miliardi a disposizione per sostenere le imprese italiane che sbarcheranno a Teheran. Fra l’altro governo e Abi sosterranno presso la Banca d’Italia la richiesta delle tre principali banche iraniane, Bank Pasargad, Bank Parsian e Saman Bank, a aprire uffici in Italia. Le stesse banche sono le firmatarie dei tre nuovi accordi di collaborazione sviluppati da Sace per sostenere le imprese italiane in Iran, in vista dell’«implementation day» dell’accordo sul nucleare. Un’intesa che servirà a facilitare una più rapida ripresa dell’interscambio e degli investimenti italiani.
In Iran, ha ricordato la Mattioli, ci sono molti casi di successo italiani: la Danieli ha inaugurato a Yazd un’acciaieria, con un progetto da 520 milioni di dollari e sta ampliando il complesso siderurgico di Isfahan; la Fata ha vinto una commessa di mezzo miliardo di euro per una centrale idroelettrica con l’azienda iraniana Gadir. Poi c’è il caso della Immergas, che produce caldaie a Kasin, vicino a Teheran. C’è anche l’azienda italiana che produce caffè col marchio Palombini che ha in programma, con Hamko, di aprire nelle più grandi città 300 coffee shop. L’ex ministro del Commercio estero, Adolfo Urso, ha inaugurato ieri a Teheran l’ufficio della sua Iws Network: consulenza alle imprese che vogliono investire nel Paese. Il gruppo Pessina di Guido Stefanelli sta trattando la costruzione di ospedali e alberghi.
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