La guerra Iran-Iraq

La guerra Iran-Iraq, che oppose i due paesi affacciati sul Golfo Persico, iniziò con l’invasione dell’Iran da parte dell’Iraq il 22 settembre 1980 e si trascinò fino all’estate del 1988.
Le origini del conflitto si fanno risalire alle storiche rivalità regionali tra gli arabi e i persiani e soprattutto al contenzioso territoriale che divideva i due paesi dai tempi della caduta dell’impero ottomano. L’Iraq mirava infatti a modificare il confine sullo Shatt al-Arab definita nel 1975, quando il potere in Iran era ancora nelle mani dello shah. In secondo luogo, il regime baathista di Baghdad intendeva stroncare l’influenza politico-religiosa del nuovo regime iraniano dell’ayatollah Ruhollah Khomeini sulla minoranza sciita irachena.
Nel novembre del 1979, l’Iraq chiese al governo iraniano la revisione dell’accordo sui confini stipulato nel 1975 ad Algeri. L’Iran oppose un netto rifiuto. Confidando nel sostegno delle potenze occidentali e degli altri paesi arabi, che avevano guardato con forte timore la rivoluzione islamica, e convinto che la potenza militare dell’Iran fosse stata notevolmente indebolita dal conflitto civile seguito a quella rivoluzione, il 23 settembre l’Iraq lanciò una massiccia offensiva militare contro l’Iran.
L’attacco si svolse lungo un fronte di circa 500 chilometri, concentrandosi nella provincia di Khorramshahr e penetrando per alcune decine di chilometri nel Khuzistan iraniano. Grazie ai suoi potenti armamenti forniti dai paesi occidentali e alla netta superiorità aerea e navale, in un primo momento l’Iraq riuscì a sbaragliare le forze avversarie.
La resistenza iraniana fu tuttavia più tenace di quanto gli iracheni avessero previsto. Inoltre, l’appello alla resistenza lanciato da Khomeini raccolse centinaia di migliaia di volontari che si concentrarono, sebbene male equipaggiati, sulla linea del fronte. L’Iran lanciò la prima controffensiva nel gennaio del 1981, poi, dal 1982, con una serie di ondate e, a costo di elevatissime perdite umane, riuscì a fermare l’avanzata irachena e a penetrare a sua volta in territorio nemico.
Dal 1982 iniziò una guerra di logoramento, dalle caratteristiche analoghe a quelle della prima guerra mondiale, con i due eserciti attestati lungo le trincee e con gli attacchi dei Pasdaran iraniani che spesso venivano respinti dalle armi chimiche irachene. Nei sei anni successivi, piccole porzioni di territorio passarono più volte da una mano all’altra, senza che nessuna delle due parti riuscisse a prevalere.
A partire dal 1983, preoccupato per l’andamento della guerra e per il malcontento della comunità sciita, l’Iraq propose più volte un armistizio, che l’Iran tuttavia rifiutò. La guerra determinò un profondo rimescolamento delle alleanze tra i paesi mediorientali. La Repubblica islamica iraniana veniva infatti vista come una minaccia per altri paesi arabi, i quali, tranne la Siria (tradizionalmente avversa al regime baathista iracheno) e la Libia (che guardava con favore alla carica antioccidentale della rivoluzione islamica), si schierarono a favore dell’Iraq, sostenendola militarmente.
Saddam Hussein godette anche del sostegno dei paesi occidentali, in particolare della Francia e della Russia, che lo rifornirono di armi. Anche gli Stati Uniti sostennero l’Iraq, fornendo tuttavia di armi anche l’Iran. Il 20 luglio del 1987 le Nazioni Unite adottarono la risoluzione 598, esigendo l’immediato “cessate il fuoco” e il ritiro dei due eserciti entro i confini internazionalmente riconosciuti.
La risoluzione venne inizialmente ignorata dai belligeranti, ma il 18 luglio 1988, ormai allo stremo, l’Iran accettò l’armistizio. La pace fu firmata il 20 agosto 1990, alla vigilia dello scoppio della guerra del Golfo, sulla base dello statu quo ante bellum. Il bilancio della guerra in termini di vite umane fu di un milione di morti (per il 60% iraniani) e 1.700.000 feriti; in termini finanziari il costo diretto fu pari a duecento miliardi di dollari e quello indiretto pari a mille miliardi.

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