La dinastia degli Achemenidi

Con la dinastia degli Achemenidi , nel VII secolo a.C., è nato per la prima volta uno stato unitario nella parte meridionale del Paese, governato dal re persiano Achemene e con capitale a Shūsh: esso è ben presto diventato la pietra miliare di un nuovo, vasto, impero, il Primo Impero Persiano . La figura che la storia maggiormente ricorda è quella di Ciro II, pronipote di Achemene, conosciuto anche come Ciro il Grande per le sue conquiste militari, ottenute con una rara combinazione di valore militare e straordinaria umanità. Un episodio su tutti gli è valso la fama di sovrano illuminato: in occasione della conquista di Baghdad del 539 a.C. Ciro il Grande risparmiò la popolazione locale mettendo a segno una straordinaria conquista, quella dell’Impero Babilonese, senza inutili spargimenti di sangue. Nel frattempo i persiani avevano già soggiogato i Medi (550 a.C.) ed esteso il loro regno dal Pakistan alla Turchia attuale: l’opera intrapresa da Ciro venne poi degnamente portata avanti dal figlio, Cambise II , il quale estese ancora a ovest il Regno Persiano fino a inglobare buona parte dell’Egitto (525 a.C.).
Cambise morì misteriosamente in Egitto nel 522 a.C., ma il Regno Persiano, nelle mani di Dario (anche lui conosciuto come Dario il Grande ) ha proseguito la sua inarrestabile ascesa tanto da arrivare a toccare l’India ad est e le rive del Danubio a nord.
Il regno di Dario fu particolarmente significativo non solo sul piano militare, ma anche sotto il profilo amministrativo: l’intero territorio sotto il suo controllo venne infatti suddiviso in 23 satrapie collegate da una rete di strade perfettamente lastricate per garantire migliori comunicazioni, e quindi un controllo più efficiente. Il punto di rottura per il grande impero fu il momento in cui Dario, di fronte alla ribellione di alcune colonie dell’Asia Minore, decise di provare ad annettere al suo regno anche la penisola greca: ebbe inizio così una delle guerre più lunghe e celebrate della storia, raccontata da storici e tragediografi che ne hanno preservato nel tempo scontri e gesta. Su tutte citiamo le testimonianze di Tucidide ( La guerra del Peloponneso ) e di Eschilo la cui tragedia, I Persiani , fu rappresentata nel 472 a.C. Particolarmente celebre è la battaglia finale, quella di Maratona (490 a.C.) , in cui l’esercito di Dario venne travolto dagli Achei in assenza del suo condottiero, che si trovava in Egitto nel tentativo di sedare una rivolta. Lo scontro fra Greci e Persiani fu qualcosa di più di un confronto militare: secondo quanto raccontato anche dallo storico Erodoto, si trattò di un vero e proprio scontro culturale, fra comunità di cittadini-soldati che si governavano in maniera indipendente (gli Achei), e un impero autocratico che riconosceva ormai solo sudditi (i Persiani), ben lontano ormai dalla tolleranza e dalla umanità di Ciro II.
La battaglia di Maratona non fu una vittoria decisiva sui Persiani. Comunque, si trattò della prima volta che i Greci ebbero la meglio sui Persiani in una battaglia terrestre e questo diede fiducia alle truppe di Milziade e Callimaco. Con la battaglia di Maratona ebbe inizio la parabola discendente del Primo Impero Persiano che con Serse , figlio di Dario e succedutogli nel 486 a.C., subì un’altra pesante sconfitta, quella di Salamina (480 a.C.). In seguito, il re Artaserse non riuscì più a raddrizzare la situazione, ampiamente compromessa, che vedeva l’inarrestabile avanzata dell’Acheo Alessandro Magno il quale, dopo aver sottratto territori a Egitto, Turchia e Iraq, travolse anche la grande Persia nelle battaglie decisive di Issus (333 c.C.) e Gaugamela (331 a.C.). Queste battaglie causarono la resa di Dario III, che fuggì a Bactria.
Tuttavia, finché Alessandro Magno restò al potere, nei vecchi territori persiani regnò una certa serenità. Poi però, alla sua morte (323 a.C.), l’Impero fu diviso fra dinastie in lotta tra loro, e l’antica Persia cadde sotto il controllo dei Seleucidi della Macedonia che, gradualmente, mescolarono alla cultura persiana quella greca.
Solo i Parti , tribù nomadi che vivevano già da tempo fra il Mar Caspio e il Mare di Aral, riuscirono intorno al 170 a.C. a scacciare i Seleucidi e a ripristinare almeno in parte l’antica Persia, ristabilendo un regno che andava dall’Afghanistan fino al fiume Eufrate. I Parti, sotto la guida del re Ardashir , furono tenaci nemici dei Romani, oltre che dei Seleucidi, per ben cinque secoli. Particolarmente significativo è stato lo sviluppo dell’ architettura persiana sotto i Parti.
Ahi!, Sovrano, le fulgide schiere, ahi!, l’onore supremo dei Persi, il fulgor dei guerrieri, che il Dèmone avverso ha mietuto! Ora piange la terra la sua gioventù spinta a morte da Serse, che di Persi riempie l’Averno. All’Averno discesero, il fiore della patria, i valenti nell’arco: una fitta miriade di genti fu distrutta. Ahi valore, ahi possanza! E la terra asiana, con grave, con grave rovina, o mio Re, sul ginocchio procombe! (Eschilo, I Persiani, lamentazione finale, coro) La nostra vita, ahimè, ebbe ministri l’opulenza e l’ordine, quando l’antico Re, scevro d’ogni nequizia, a tutti provvido, Dario, simile ai Numi, invitto in guerra, reggea la nostra terra. Leggi solide come torri, tutto reggean: v’erano eserciti di glorïoso nome; e dalle guerre, senza danno o cruccio, ci radduceva fra le patrie mura la prospera ventura. E quante città prese, senza varcare i margini dell’Àli, senza muovere lungi dal suo paese, come le fluvïatili allo Strimonio intorno, presso le coste inospiti dove i Traci han soggiorno. E quelle che, lontano dal mare, in terra surgono, cinte di torri, omaggio prestarono al Sovrano; e quante d’Elle al valico han glorïosa voce, e la curva Propontide, e del Ponto la foce. E l’isole che cingono i promontorî delle nostre rive e i flutti le flagellano, come Lesbo, d’ulive ferace, e Samo e Paro e Chio, Nasso, Micòno, ed Andro, e la finitima Teno, che unite sono. E quelle che si levano in mezzo al mar, tra l’uno e l’altro lido, governò. Lenno, e d’Icaro la sede, e Rodi, e Cnído, e le cittadi ciprie, Pafo, Soli, e la figlia di Salamina, causa del pianto che a noi bagna ora le ciglia. E le città, d’Ellèni uomini fitte, prospere di beni, per le contrade Ionie sparse, reggeva a suo talento. Indomito fior di patrie milizie e d’ausiliarie commiste schiere aveva in sua possanza. Ma tutto, con sembianza non ambigua, sconvolto ora dai Superi, su noi, già in terra vinti, adesso pesa per la marina offesa. ( Eschilo, I Persiani , coro canto III – traduzione di Ettore Romagnoli)

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